sabato, dicembre 10, 2005

Talk about the West

l' era moderna ci impone il confronto con una crescente attitudine al "fanatismo". di qualsiasi regione, religione ed anche ragione. uno dei massimi esponenti del fanatismo musicale che abbia mai conosciuto ha risposto alla chiamata del lontano West. la, lontano dalla terra natia, osserva con attenzione ed equilibrio la nuova terra, dimenticandosi di esser stato colui che ha aperto il dominio mogwai.co.uk per poi donarlo alla band senza voler nulla in cambio. questo e' un fanatico, con stile. camicia button down d'obbligo.
ma se devo presentare seriamente davide gualandi, giornalista responsabile della rubrica "call of the west" di Blow Up devo farlo con estremo rispetto. andando anche oltre l'amicizia che ci lega. mi e' raramente capitato di conoscere una persona disposta a perdere tutto pur di poter andare a toccare con mano i sogni...sempre sognati. chi decide di viverseli, senza paracadute, merita un "chapeu!". perchè la vita, si sa, e' live. love. regret.
con davide chiacchieriamo di come si vive la musica in america. nel frattempo lo aspettiamo qui per potergli assestare nuovamente un dolorosissimo fendente di sinistro!

1-davide vivendo a san francisco si puo' avere una percezione globale di quello che succede nel mondo "alternativo americano"? cioe' le stesse dinamiche che si trovano li, nella città che ora ti ospita, si ritrovano anche in altri centri... penso a portland seattle chicago per finire con new york...in questi luoghi le dinamiche cambiano? c'e' interscambio tra le diverse realta'? credo che per un "lettore internet" delle cose d'america sia realmente difficile capire come stiano le cose li....
 
Ha senso nominare quelle grandi città, non tanto perché è lì che nascono le scene, i trend, etc… ma principalmente perché è lì che si concentra il marketing delle etichette (e non solo), è lì che si convoglia il (loro) pubblico. Se ci pensi, i gruppi e le etichette più “in voga” saltano fuori egualmente sia da queste metropoli che da città sperdute nel Midwest (pensa solo alla Secretly Canadian, che è nell’Indiana o ai gruppi che vengono dal Rhode Island come i Lighting Bolt). Le città che nomini diventano poli in cui è facile riconoscere un pubblico ricettivo a certe e cose. Tutto qui.
 
Da un certo punto di vista, San Francisco e le altre città rappresentano principalmente grosse opportunità di business per chi commercia un certo tipo di musica. È vero che qui ci sono una miriade di gruppi, ma più che altro San Francisco è una città dominata da hipster, dal pubblico insomma. Di conseguenza, è normale che ogni singola band (qualunque genere suoni) venga a suonare o a fare promozione qui o che la città sia disseminata di negozi di dischi incredibili, locali, ecc…. Dovresti pensare a San Francisco come ad una città dei balocchi in cui è veramente difficile sopravvivere (è più costosa di Londra, Parigi, Milano, ecc…). Tutti passano di qui, per poi tornarsene alle loro “situazioni”, dove magari è più facile sopravvivere e fare musica senza digiunare. Portland è l’esempio perfetto. Una città attivissima, dove puoi ancora dichiararti artista senza fare la fame. Dove c’è uno spirito DIY fortissimo, con mille co-op ed iniziative artistiche di ogni tipo. Certo, è grigio nell’Oregon, ma dal punto di vista musicale (esclusivamente creativo), Portland mi sembra uno dei posti più interessanti al momento. Come vedi, è in queste città minori che si sviluppa “il suono” (quello che i giornali trasformano in trend), mentre le città più grandi hanno semplicemente la funzione di “amplificare” questi talenti. È esattamente come quando il pittore sfigato cresciuto in campagna viene conteso da gallerie d’arte newyorkesi ultra avant-garde. L’unica differenza, è che i gruppi e le etichette sanno benissimo che New York, LA, SF, ecc… sono tappe imprescindibili.
 
Poi vabbè, devi fare una distinzione tra costa est e costa ovest, considerando lo spirito che caratterizza le due aree geografiche. Chicago per esempio è un mondo completamente diverso. Pulito, perfetto, funzionale, non centra veramente nulla con San Francisco, Portland o Seattle, anche se suppongo che Chicago alla fine sia un centro che raccoglie reclute indie provenienti dal resto degli Stati Uniti, diventando una di quelle città che detta legge. Guarda, può sembrarti ridicolo, ma le differenze tra est ed ovest risaltano tanto quanto quelle che caratterizzavano la scena hip hop dieci anni fa.
 
Riguardo all’interazione tra le città e le scene musicali. Uhm… è tutto abbastanza circoscritto. Forse a Los Angeles c’è una nuova ondata neo-punk che piace molto alla gente di qui, ma per il resto quando si parla di gruppi DIY siamo estremamente lontani da fenomeni realmente tangibili o vicini ad esplodere. Parliamo sul serio di micro-scene che contano una manciata di adepti e che ci metteranno anni ad uscire dal “guscio” DIY o a diventare “di moda”.
 
 2-si discute in ogni dove riguardo al potere di influenzare che anno alcune webzine come pitchfork... ci sono dati che sembrano confermare prepotentemente le illazioni di mercato musicale indipendente guidato da pitchfork and co.... io ti chiedo invece com'e' lo stato dell'editoria musicale u.s.a., e se pian piano non stia soccombendo al formato web...leggasi il passaggio di grooves magazine al solo formato online a pagamento ect.... insomma com'è lo stato dell' editoria musicale in usa?...tu che sei pure giornalista...
 
Anche qui è piuttosto difficile darti una risposta che copre l’intero territorio americano. Qui a San Francisco ci sono almeno cinque pubblicazioni completamente gratuite. Di conseguenza, andarsi a comprare una rivista da $5 è piuttosto inusuale. È una realtà che in Italia non conosciamo. Quella dei settimanali gratuiti (qui ad SF c’è il Bay Guardian e l’SF Weekly, a Seattle c’è The Stranger e a Portland c’è il Mercury) che coprono tutto (politica, cinema e musica) da un punto di vista assolutamente progressista (di sinistra e conseguentemente DIY). Poi ci sono fanzine e bisettimanali distribuiti gratuitamente nei locali (qui c’è Performer Magazine e Panache) ed infine, i siti internet. Come vedi, la vita di un giornale di settore diventa dura. Ho un buon rapporto con i ragazzi di XLR8R e loro, per sopravvivere, devono targetizzare designer, dj ed appassionati di musica dal portafoglio gonfio. Le riviste a pagamento diventano piccole opere d’arte tutto design ed esclusivismo, in cui i contenuti, diciamolo, passano leggermente in secondo piano (l’intervista a Xiu Xiu la trovi ovunque, non hai certo bisogno di spendere $5).
 
Poi non so… forse il ragazzino che vive nell’Arkansas si compra tutti i giornali possibili ed immaginabili perché lì (nell’Arkansas) non è costantemente esposto al mondo indie come lo sono gli abitanti di San Francisco, Portland e Seattle. Così come la persona adulta che si è affezionata ad un certo giornale ed ogni mese compra tutti i dischi consigliati perché è così che amministra i suoi acquisti da dieci anni a questa parte.
 
Come ti dicevo, questa è un’analisi prettamente locale. So che suona strano, ma il mondo dell’editoria lo conosco poco (pur scrivendo). Spin, Rolling Stone, Alternative Press e qualche altra rivista leggermente più mainstream continuano a vendere una miriade di copie (forse meno rispetto al passato)… ma non chiedermi chi le compra.
 
3- ritornando alla questione pitchfork: credi che pitchfork possa davvero influenzare il mercato? (si parla del fenomeno clap your hands che in europa sono su wichita, ma prima in modo autonomo o coadivuati da insound e si dice che una cattiva review su pitchfork ti sega le gambe come successo a travis morrison,usando come paragone i dati di vendita di insound. allo stesso tempo un paio di settimane fa pitchfork ha bastonato sonoramente il disco live dei mars volta ed il giorno dopo era cmq bestseller ad insound, con dati di vendita molto alti. quindi, che c'e' di vero sul "potere" di pitchfork e della "blogosphere" americana? cioe' il vero veicolo di vendita e' pitchfork piu' passaparola, oppure una buona sponsorizzazione in una serie tv, grazie all'aiuto di consulenti musicali cresciuti con musica alternativa...?
 
Caro Jukka. Pitchfork è la bibbia. Non chiedermi com’è che ha conquistato tanto successo… ma rimane il fatto che in breve tempo quel sito è diventato il punto di riferimento (la parola dell’esperto) per tante persone che si dilettano nel comprare qualche disco o ad andare ad un paio di concerti al mese. Come vedi, non parlo dell’hipster (che è troppo cool per leggere Pitchfork), ma dell’americano medio che compra il biglietto per il concerto dei “pinco pallo” per portarci la sua nuova ragazza. È una conquista enorme quella di Pitchfork, che oggi “parla” ad un parco lettori veramente ampio.
Tornando alla tua domanda. È possibile che Pitchfork influenzi le vendite di un disco indie, certo, ma nel caso Mars Volta (che hanno una major alle spalle), il potere di Pitchfork è praticamente nullo, specialmente quando magari Rolling Stone, Billboard o Entertainment Weekly svendono il gruppo degli ex-At The Drive In (forse il peggiore sulla faccia della terra al momento) a quarantenni che rimpiangono Yes e King Crimson.
Non so spiegarti le dinamiche del business indie, ma ti dirò che la vera differenza la fanno i giornali che vendono centinaia di migliaia di copie e non Pitchfork. Quando Xiu Xiu va su Entertainment Weekly, Khonnor sul New York Times, o Bright Eyes su tutte le riviste possibili ed immaginabili (persino quelle dedicate agli appassionati di equitazione), le vendite esplodono. Diciamo però che è probabile che i vari editor di questi giornali abbiano iniziato, da qualche anno a questa parte, ad usare Pitchfork come riferimento.
 
Per le etichette indie la recensione su Pitchfork rimane un “traguardo” importante, ma le cose stanno cambiando. Decemberists, Death Cab For Cutie ed altri gruppi sono letteralmente scappati all’esclusivismo indie e si fanno intervistare da riviste che hanno un’audience molto più ampia rispetto a Pitchfork. Suppongo che le strategie (marketing e P.R.) delle etichette cambieranno, allargando il divario tra “alternative” e indie/DIY.
 
4-in questi giorni si sta svolgendo quello che e' l'unico meeting di etichette "indipendenti"italiano, il mei. tralascio le mie considerazioni su quell'appuntamento, che non sono propriamente positive. anyway, mi parli delle grosse convetion americane come SXSW ad astin tx, il Noise Pop a san francisco, CMJ a new york: sono avvenimenti realmente importanti per lanciare nuove band ect, sono momenti in cui una scena si incontra, si parla e si sviluppa realmente... quale l'importanza di questi momenti?
 
South by Southwest e CMJ sono realtà incredibili, forse in Europa soltanto il Sonar gli si avvicina. Parlo del fatto che quei festival raccolgono veramente tutto quello che è successo in ambito musicale indipendente negli ultimi 365 giorni, riproponendolo in qualche giorno di concerti (il Sonar fa la stessa cosa in un certo ambito elettronico… o almeno ci prova). Insomma, ci sono veramente tutti (o quasi).
 
Il discorso è molto semplice. In America chi suona, che gestisce un’etichetta, chi organizza concerti, chi fa promozione, chi disegna copertine, chi pubblica una rivista o un sito internet moderatamente conosciuto, sopravvive, nel senso che fa soldi. Si mantiene e magari a fine anno cambia macchina o si fa un viaggio da qualche parte. Insomma, hai capito cosa intendo… qui ci sono i soldi e l’ambiente musicale è un business in cui è possibile cavarsela come in tanti altri settori. SXSW e CMJ sono come il nostro Motorshow. Nulla di più, nulla di meno.
 
 
5- cosa sta alla base della sempre viva scena americana: i grandi spazi e grandi numeri della nazione che permettono di avere un sacco di band, oppure una serie di strutture e meccanismi a noi invisibili che rendono tutto vivo?
 
Sinceramente non ho idea di come risponderti senza scriverti un libro. Dovremmo iniziare a parlare di storia americana, retorica e sociologia. Qui in America, sin dall’inizio della storia, sono nate dinamiche, ideologie e realtà diverse da quelle europee. Prima di tutto, il ragazzino americano è molto più esposto a certi contesti. La musica gli viene servita su un piatto d’argento (dalla radio della scuola, dall’amico con l’ipod, ecc, ecc, ecc… o magari il suo compagno di classe suona nei “pinco pallo”). Io ancora mi impressiono nel vedere quattordicenni fan di Hella e Lighting Bolt, ma qui è assolutamente normale.
 
In secondo luogo, l’adolescenza americana è realmente un periodo di scoperta ed è normale attraversarla dedicando anima e corpo a certe cose. Pensa solo a quei gruppi mitici dei primi anni novanta. I gruppi della Gravity per esempio, che si formavano, andavano in tour per tre mesi, registravano due album ed una miriade di 7” in meno di un anno. Poi si scioglievano… la loro vita cambiava completamente, uno di loro andava a studiare altrove, uno si sposava ed un altro si convertiva al cristianesimo. Insomma, qui tutto accade con estrema intensità ed i talenti esplodono continuamente perché la dedizione è (per un periodo limitato) assolutamente concentrata.
 
Poi vabbè, certe controculture sono nate qui, c’è poco da fare. Un gruppo che ha solo un CD-R in mano può comunque andare in tour perché c’è una scena particola ad accoglierlo. E qui è bene smetterla di associare il termine “scena” a qualcosa di negativo. La “scena” permette ad un gruppo di crescere e senza essa, ci ritroveremmo senza concerti e l’elemento sociale collegato alla musica andrebbe completamente perso, riversandosi sul fattore “business”.
 
Infine, qui la professionalità detta legge. Quando un gruppo inizia a suonare in giro, non lo fa mai così per fare… insomma, hanno tutti il gene del sogno americano in testa e si sbattono (con attitudine da vincente) per suonare di più, pubblicare un disco, ecc, ecc, ecc… Come vedi, è facile che saltino fuori centinaia di migliaia di artisti e che ci sia spazio (e soldi) un po’ per tutti.
 
6 tu davide sei un grande appassionato di cinema, anche di grossi blockbuster, ma di queste produzioni ci parleranno altri. tu invece puoi darmi una piccola guida alla cinematografia "indipendente" usa: che c'e' di nuovo sotto il sole? quali saranno i prossimi "io l'ho visto in lingua originale due anni prima di te"?
 
Ce ne sono tanti Jukka, troppi! E poi la differenza tra “indipendente” e “mainstream” non ha più senso. Nell’ultimo anno ho visto una miriade di documentari fantastici… quelli sì che meritano sul serio.

ok, non ne parla qui, ma sull'ultimo numero di blow up. se volete approfondire...

Commenti:
primo pensiero dopo avere letto questa "intervista": "Little Victories Are All I Claim". secondo pensiero: è un anno che attendo trepidante, mi sta iniziando a calare la libido, e non c'è viagra che tenga. voglio una data di pubblicazione.
abbracci affezionati.
abgely
 
torneremo! il 2006 e' l'anno. date all'estero dalla prossima primavera. in italia non so. si entra in studio il 27 dicembre. abbiamo comprato un sacco di strumenti nuovi ed un sacco computer nuovi. speriamo servano a qualche cosa.
 
ah...dimenticavo...nel frattempo ci saranno uscite soliste per lucagdm aka pillow su 2.nd rec stessa cosa per corrado gdm con un album abstract hip hop sempre per i tipi di 2.nd.

io sono un povero disgraziato, il 25 dicembre esce un cdr per l'etichetta francese diesel combustible di mio materiale solo: un pezzo da ventinove minuti improvvisato. poi ci sarebbe dell'altro...ma rimarrà condizionale.
 
caro jukka, grazie per le news. per quanto riguarda le "date all'estero, in italia non so" sono convinto di convincervi prima o poi a suonare a casa mia. per quanto riguarda le pubblicazioni "soliste" mi sa che l'unico modo per reperirle è quello di venirti a citofonare a casa e farmele dare da te. ecco, coglierò l'occasione e verrò (a cavriago?) con il mio vespino colorato per un caffè estermporaneo, appena la temperatura risalirà sopra la soglia dei dieci gradi. nel mentre se passi da milano fai un fischio. (soulwax+2manydjs di giovedì è troppo pischelloso/mainstream come appuntamento per te, vero?)
saluti. abgely
 
soulwax+2manydjs di giovedì è troppo pischelloso/mainstream come appuntamento per te, vero?

no no. sono talmente maintream che mi piacciono un sacco. solo che li ho visti gia' un botto di volte. ed in previsione di un ingresso in studio di registrazione il portafogli non e' per nulla in forma. sai com'e'.

poi sono gia' a milano per altro mercoledi...due volte al mese e' troppo
 
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