domenica, luglio 31, 2011

buone vancanze

"Parlare oggi di morale, più ancora che di Enrico Berlinguer, appare desueto, quasi oscuro. E’ un po’, per osare un paragone, come parlare di economia e di valore d’uso in un mondo dominato (‘sussunto’, direbbero i filosofi) dalla finanza. Se il concetto di ‘valore’ è ormai tutt’uno col concetto di ‘virtuale’ (e forse è sempre stato così, insegna Marx) è inevitabile che la politica, invece di essere avvolta dall’etica, spesso vi si contrapponga, in nome di una tecnocratica ‘autonomia della politica’ che nel nostro Paese procede senza soluzioni di continuità da Togliatti a D’Alema (passando per Andreotti). Non è una battuta, per quanto la formula sia per ovvie ragioni molto sintetica. Ecco, la figura e lo stile di Enrico Berlinguer hanno indubbiamente segnato una discontinuità. Imbarazzante per molti, esemplare per altri, è stata impiegata per designarlo la formula “comunismo etico”. Io me lo ricordo, anche se ero un ragazzo.

Della sua importanza o, come si dice, “statura” internazionale, ebbi la prova ultima e commovente alla notizia della sua scomparsa nel 1984. Mi trovavo nella sala tv della Cité universitaire di Ginevra, dove ero studente, e giovani di varie etnie e Paesi, anche che non avevo mai visto, vennero a portarmi le loro condoglianze, poiché io ero italiano, e tutti conoscevano e stimavano Enrico Berlinguer, pur non essendo un uomo di governo.
Quanto al suo indimenticabile carisma, una foto che lo ritrae è forse la migliore traduzione iconica della sua diversità: Enrico Berlinguer esile e quasi lieve, i capelli spettinati dal vento, di fianco a rappresentanti del Pcus tetragoni e massicci, da cui era già politicamente a distanze siderali. Ripeto, difficile spiegare oggi il suo comunismo etico. Per farlo si dovrebbe decostruire impietosamente e quasi per intero quanto la sinistra ha fatto negli ultimi vent’anni, fino a rinnegare esplicitamente la parola “sinistra”: la rincorsa a un profilo di governo a prezzo della rinuncia a essere vincente su fronti più ampi - la cultura, la società, il pensiero, il linguaggio - accogliendo acriticamente miti vuoti come la “modernizzazione”, fino a rivalorizzare Craxi contro Berlinguer. Quello stesso Craxi che parlava del nostro Paese come della “azienda Italia”, formula matrice dell’attuale trasformazione dei cittadini in clienti – il berlusconismo, come si dice oggi. E infatti l’uomo che verrà, che sarebbe venuto, che è arrivato puntualmente, fu allevato in quegli anni a esercitare il proprio monopolio, finché ha semplicemente messo il proprio cappello sull’azienda (Italia) ormai apprestata, realizzando una delle peggiori distopie della Storia: un fascismo nuovo e impropriamente detto soft, un regime di pubblicitari senza alcun senso dell’onore, della morale, del pudore.
Dopo Berlinguer la critica delle ideologie (quelle di sinistra, mai quelle del mercato e del risorto darwinismo sociale) ci ha condotti all’imperio dell’ideologia più triste, quella della non-ideologia, cioè del mero presente, senza futuro e senza storia (tranne gli spot pubblicitari). Dissipata con la propria identità e differenza quell’egemonia culturale che a ragione la destra rimproverava alla sinistra, dopo Berlinguer il linguaggio dei politici (di sinistra) è diventato un “lessico famigliare”, separato dai cittadini ma condiviso dalla destra, fino alla ripetizione di quella parola d’ordine comune a tutti e vacua di senso: “riformismo”.
Mi chiedo: perché anche chi della mia generazione ha avuto col Pci e con Berlinguer conflitti forti e aspri lo rimpiange come un padre o un maestro? Per la splendida intransigenza morale che emanava, per un’affinità, prima che elettorale, elettiva. Come nel piccolo apologo televisivo che ho già una volta raccontato, un apologo che parla del silenzio: quello di Enrico Berlinguer quando, in una trasmissione sulla Rai di allora, col moderatore Jacobelli, un esponente del Movimento sociale italiano (l’estrema destra), in deroga all’etichetta, gli rivolse una domanda diretta. Berlinguer restò in silenzio come se non avesse udito, e così a lungo che Jacobelli glielo fece notare imbarazzato (la tv, si sa, non sopporta i silenzi). A lui Berlinguer rispose fermo e serafico: “Coi fascisti non parlo”.
Una volta lo scrittore Erri De Luca mi ha detto che i poeti, a differenza dei politici, non possono mai mentire, e che forse è questo l’unico vero tratto distintivo che fa di un poeta un poeta. Ecco, Enrico Berlinguer allora era un poeta. Ma, quando la sinistra era vincente senza essere di governo, fu votato da un terzo degli Italiani."
Beppe Sebaste dal suo blog

giovedì, luglio 28, 2011



At 40, Kevin Smith to Retire from Filmmaking

On never truly mastering the technical aspects of filmmaking:
“I want to finish as I started – completely ignorant. I know what the lenses look like now, but I’ll be happy to make it to the end without knowing all the technical stuff. That just proves anybody can do that job.

“That’s part of what I’ve liked about my career – not just making the movies and the money, and I got a really nice fucking wife out of the whole deal, but the other thing was being able to stand there like the fucking chef in Ratatouille. You know, ‘Anybody can do it!’ I know I’m not to the manner born, and I’m a total visual idiot, but if I can make a career out of it, anybody can.”

On playing to his strengths, on the screen and off:
“I can stand here and slag on myself, but I have improved at the technical aspect of making movies. But I never wanted to embrace it fully because that’s not who I am, and that’s probably why it’s so easy for me to put it down. Clint Eastwood could probably go out of this world toes up off a movie set – same with Steven Spielberg or Martin Scorsese. They could never put it down cause they’re visual storytellers, it’s in their blood. For me, it’s afforded me the opportunity to try a lot of fucking things.

“I’m not good at all of them, but I try to put my energy toward what I’m best at. Not everything I’m best at pays. I’m hella fucking good at jerking off, but nobody pays you for that. So you have to be patient. We didn’t start [his online radio network] SModcast to turn it into a business, we just wanted to sit around talking once a week. Then it slowly, organically grew into what it has become, we branched off into other shows, and eventually we had enough hours of content to open our own network.

“People are gonna ask, ‘Is it true? Did Kevin Smith really quit film and go to the Internet to start broadcasting like that dude in the Pump Up the Volume movie?’ They’ll come and test it out and think I must be nuts, but if we can get somebody’s ear for 10 minutes, we can hook ’em. The shit we talk about, whether it’s geek-oriented or sexually oriented, tends to be pretty humorous, and it tends to be universal. And frankly, I’m way more into that than I am into film.”

On writing his own epilogue:
“Very few of us get to choose how we go out. For me, it’s winding down and I’m wrapping it up. Youth is prized in this industry, and I was young once, and people seemed to think I knew something about youth culture. I’m no longer young, I’m a middle-aged fucking man at this point. The good stuff comes from young people, and you want to make way for them. So what I wanna do is go out without someone saying, ‘We’ll call you, don’t call us.’ Even for people who’ve made legendary films, the work just kinda dries up.

“I would hate for that to happen. You know, ‘Nobody cares about your shit, Silent Bob.’ I don’t want to be the last guy at the party, saying, ‘Hey everybody, let’s watch a movie!’ I want to get out two hours before the party ends. But in my case, somebody who came along and did the movies I wanted to make, just a lot more profitably, was Judd [Apatow]. Once Judd came along, I thought, ‘This smells hauntingly familiar.’ And he makes tons of fucking loot doing it.

“The only reason why Clerks and Mallrats exist is because they didn’t exist back when I wanted to watch movies. I just wanted to put shit up on screen that I didn’t see. I loved movies, but I didn’t identify with what I was watching. I love Die Hard, of course, but I don’t identify with John McClane, especially now. I would never shoot a terrorist, I would never jump off a building, I’d never even take my fucking shirt off in public.

”

On the movie that inspired him to direct in the first place:
“For me, the call to arms was Quentin Tarantino making Reservoir Dogs, where for that first melodic five minutes in the diner these guys are talking about pop culture. I was like, ‘This counts’ – and if that counts as movie dialogue, well shit, I could write movie dialogue, cause that’s all I ever do with my friends. So Reservoir Dogs took the gloves off for me. 



“And look – if there’d have been a fat guy making fucking movies about comic books and wanting pussy but never getting any, there would be no Clerks. I’d never have made a movie because I’d be happy to love that guy’s films. He would speak to me. But he wasn’t there, so I had to speak to myself.”

"Miei cari,che spettacolo!
Mi trovo faccia a faccia con la volontà del popolo.
Voi siete la volontà del popolo.
Migliaia e migliaia di norvegesi – a Oslo e in tutto il paese – fanno la stessa cosa stasera.
Occupano le strade, le piazze, gli spazio pubblici con lo stesso messaggio di sfida: abbiamo il cuore a pezzi,
ma non ci arrendiamo.
Con queste fiaccole e queste rose mandiamo al mondo un messaggio: non permetteremo alla paura di piegarci e non permetteremo alla paura della paura di farci tacere.
Il mare di gente che vedo oggi davanti a me e il calore che sento da tutto il paese mi convince che ho ragione.
La Norvegia ce la farà.
Il male può uccidere gli individui, ma non potrà mai sconfiggere un popolo intero.
Questa sera il popolo norvegese sta scrivendo la storia.
Con le armi più potenti del mondo – la libertà di parola e la democrazia – stiamo disegnando la Norvegia per il dopo 22 luglio 2011.
Ci saranno una Norvegia prima e una Norvegia dopo il 22 luglio.
Ma sta a noi decidere come sarà la Norvegia.
La Norvegia sarà riconoscibile.
La nostra risposta ha preso forza durante le ore, i giorni e le notti difficili che abbiamo dovuto affrontare, ed è ancora più forte questa sera: più apertura, più democrazia. Determinazione e forza.
Noi siamo questo. Questa è la Norvegia.
Ci riprenderemo la nostra sicurezza!
Dopo gli attacchi di Oslo e Utøya, abbiamo affrontato uniti lo shock, la disperazione e il lutto.
Continueremo a esserlo, ma non sarà sempre come è adesso.
Lentamente, qualcuno inizierà per primo a essere in grado di riaffrontare la vita di tutti i giorni. Per altri ci vorrà più tempo.
È importante che siano rispettate queste differenze. Tutte le forme di lutto sono ugualmente normali.
Dovremo comunque prenderci cura l’uno dell’altro.
Dimostrare che è qualcosa cui teniamo.
Dobbiamo parlare con quelli per cui è stata più dura.
Dobbiamo essere umani e fraterni.
Noi riuniti qui questa sera abbiamo un messaggio per tutti quelli che hanno perso qualcuno cui volevano bene: siamo qui per voi.
Guarderemo anche in avanti per la Norvegia dopo il 22 luglio 2011.
Dobbiamo fare attenzione a non arrivare a conclusioni affrettate mentre siamo un paese in lutto, ma ci sono alcune cose che ci possiamo promettere questa sera.
Prima di tutto, oltre tutto questo dolore, possiamo intravedere qualcosa di importante che ha messo le sue radici.
Ciò che vediamo questa sera potrebbe essere la più grande e la più importante marcia che il popolo norvegese abbia mai condotto insieme dalla Seconda guerra mondiale.
Una marcia per la democrazia, per la solidarietà e per la tolleranza.
Le persone in tutto il paese sono fianco a fianco in questo momento.
Possiamo imparare da questo. Possiamo fare più cose come questa.
Ognuno di noi puoi contribuire a costruire una democrazia un po’ più forte. Questo è ciò che vediamo ora qui.
In secondo luogo,
voglio dire questo a tutti i giovani raccolti qui.
Il massacro di Utøya è stato un attacco contro il sogno dei giovani di rendere il mondo un posto migliore.
I vostri sogni sono stati interrotti bruscamente.
Ma i vostri sogni possono essere esauditi.
Potete tenere vivo lo spirito di questa sera. Voi potete fare la differenza.
Fatelo!
Ho una semplice richiesta per voi.
Cercate di essere coinvolti. Di interessarvi.
Unitevi a una associazione. Partecipate ai dibattiti.
Andate a votare.
Le elezioni libere sono il gioiello di quella corona che è la democrazia.
Partecipando, voi state pronunciando un sì pieno alla democrazia.
Infine,
sono infinitamente grato di vivere in un paese dove, in un momento così critico, il popolo scende nelle strade con fiori e candele per proteggere la democrazia.
Per commemorare e onorare le persone che abbiamo perso.
Questo dimostra che Nordahl Grieg aveva ragione: «Siamo così pochi in questo paese, che ogni caduto è un fratello e un amico».
Ci porteremo tutto questo con noi mentre iniziamo a mettere insieme la Norvegia del dopo 22 luglio 2011.
I nostri padri e le nostre madri ci avevano promesso: «Non ci sarà mai più un 9 aprile».
Oggi diciamo: «Non ci sarà mai più un altro 22 luglio».

Jens Stoltenberg, primo ministro norvegese

mercoledì, luglio 27, 2011

lenin's last land


martedì, luglio 26, 2011

CANT - Answer (taken from Dreams Come True - Terrible Records / Warp Records) by Warp Records

CANT è il progetto solista di chris taylor dei grizzly bear. l'inizio ricorda anche a voi gli xiu xiu?

Kitintale from Yann Gross on Vimeo.


sabato, luglio 23, 2011



lunedì, luglio 18, 2011



mercoledì, luglio 06, 2011


cy twombly





l'immenso cy twombly(1928-2011) visto da mario dondero

martedì, luglio 05, 2011


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